La nostra spirituaità

Il nostro cammino di secolarità consacrata

Sia la Provida Mater sia il Codice Canonico oggi in vigore, nel parlare dei consacrati negli Istituti Secolari riportano l’espressione “..vivendo nel mondo..” come caratteristica essenziale della secolarità. Mons. Palletti, citando il libro dei Numeri (11,25-29) in cui si narra che Dio, sceso nella nube a parlare a Mosè, infuse lo spirito della profezia su settanta anziani; e che fra questi, due, che pure erano iscritti per andare alla Tenda dell’adorazione, non uscirono dall’accampamento e “si misero a profetizzare dentro l’accampamento, ci disse:
“un Istituto Secolare è proprio ciò che ci dice questo brano: essere profeti rimanendo nell’accampamento. Per voi, essere profeti rimanendo nel vostro ambito di vita. Apparentemente questo rimanere dentro il proprio ambiente sembra più semplice, ma in realtà vi è la difficoltà di vivere lì la profezia, senza una struttura che ti protegge.”

Sia la Provida Mater sia il Codice Canonico oggi in vigore, nel parlare dei consacrati negli Istituti Secolari riportano l’espressione “..vivendo nel mondo..” come caratteristica essenziale della secolarità.
Mons. Palletti, citando il libro dei Numeri (11,25-29) in cui si narra che Dio, sceso nella nube a parlare a Mosè, infuse lo spirito della profezia su settanta anziani; e che fra questi, due, che pure erano iscritti per andare alla Tenda dell’adorazione, non uscirono dall’accampamento e “si misero a profetizzare dentro l’accampamento, ci disse: Ma questo non vuol dire limitare il nostro sguardo alle piccole cose. Invece, siamo chiamate a vivere in pieno la dimensione sociale di questa nostra presenza nel mondo e a portare il nostro contributo sempre, anche se modestissimo, alla costruzione di strutture a “forma di uomo” in ogni ambito in cui noi operiamo. Questa impostazione si è venuta chiarendo via via nel tempo. Ultimamente lo ha sottolineato con forza papa Francesco. Dobbiamo farci carico con gli altri uomini dell’elaborazione di un progetto di società per il futuro (Evangelii Gaudium). E’ anche nostro il compito di interpretare i “segni del nostro tempo” in un costante sforzo di confronto con tutti i nostri contemporanei da una parte e con la Parola, dall’altra.

GLI ISTITUTI SECOLARI

Nella storia degli istituti secolari si riscontrano notevoli differenze sul modo di intendere la secolarità consacrata e il suo rapporto con la chiesa e col mondo.

Nel 1975, in un’analisi di questa nuova forma di vita consacrata, alcuni istituti erano definiti “di collaborazione” alla gerarchia ecclesiastica, altri di “penetrazione” all’interno della società. I primi erano e sono tutt’ora i più numerosi. Viene, cioè, privilegiata l’attività in parrocchia, nel catechismo o nelle opere parrocchiali, nel segretariato negli organismi diocesani e in curia. E’ evidente che i membri restano legati a stili di vita, di comunicazione, a mentalità molto simili a quelli della gerarchia. Gli istituti della seconda specie, invece, preferiscono impegni nelle strutture sociali a partire dall’ambito del proprio lavoro e poi in politica, sindacati, associazioni professionali, attività di volontariato nel sociale, ecc. Il nostro istituto ha imboccato da subito la seconda strada: le prime sorelle erano assistenti sociali, infermiere, assistenti sanitarie, insegnanti, impiegate; non solo, ma l’istituto stesso si è fatto promotore di strutture di intervento sociale, in cui lavoravano anche suoi membri: a partire dalle attività nel campo della prostituzione (case di accoglienza, laboratori, ufficio di assistenza sociale); anche la missione a Ngaoundaye, pur essendo appoggiata alla missione dei Padri cappuccini, è nata in quest’ottica: è stata infatti improntata all’attivazione di interventi, di carattere sanitario come l’ospedale, di formazione di base, di formazione professionale, a favore degli abitanti locali e nella prospettiva di consegnare un giorno tutte le attività a loro per una gestione autonoma. Naturalmente non tutto nell’Istituto si è sviluppato in modo lineare, la gradualità di realizzazione è giunta a tappe differenti, ma la linea di tendenza è sempre stata questa.
“Dio le aveva mostrato quel puro amore nel quale ci creò e di non voler altro da noi se non che l’amiamo con quello stesso amore con il quale ha amato noi”. (dal Dialogo)

Questo, naturalmente, solo come orientamento generale; non si considera affatto in contraddizione con esso l’impegno di molte sorelle, anche intenso, in parrocchia e nelle attività di collaborazione che essa richiede; oggi, alcune sono anche ministri dell’eucarestia, ed è bellissimo.
Si è sempre desiderato mantenere una mentalità e uno stile propriamente “laico”.
Il modo di intendere la secolarità è collegato, infatti, anche alla piena assunzione dello status vissuto: per noi, quello di “laiche”.
Questo altro elemento del nostro essere nel mondo, è stato oggetto di molte discussioni in passato. La definizione della Provida Mater evidenzia chiaramente che vi sono anche istituti secolari formati da sacerdoti. E’ ovvio che non ci attiene.
Ma la nostra appartenenza ai laici e non alla famiglia dei “religiosi” non è sempre stata data per scontata; l’ affermazione, che risale al Vaticano II, è stata resa necessaria da una certa confusione vissuta su questo punto soprattutto nei primi decenni di vita degli I.S., e anche del nostro. Per decenni siamo state considerate delle “religiose”, e anche il modo di vivere i consigli evangelici, la preghiera, l’impostazione spirituale risentiva fortemente di questo.
All’interno del nostro istituto vi è stata una certa conflittualità e tutto un cammino su questo punto; ed è stato molto bello vedere come anche chi era partito considerando la nostra come una appartenenza alla categoria dei religiosi, ha saputo poi evolvere la propria posizione, a cominciare dallo stesso Padre Damaso.
Su questo punto noi siamo state agevolate dall’esempio di S. Caterina da Genova, che, laica fra laici, rimanendo nella sua casa, nella sua città, nel suo ceto sociale, ma divenuta trasparenza di Amore, seppe essere fermento di cambiamento in quel suo mondo, non certo migliore del nostro.
Il cuore di tutto sta nel suo costante puntare all’essenza del nostro vivere, che è l’Amore.

La stessa Caterina non riusciva, subito, a conciliare Amore di Dio e Amore del prossimo, se diceva al suo Signore:

“Tu mi comandi che io ami il prossimo, ed io non posso amare se non Te, né ammettere altra mistura teco: come farò dunque?”A ciò le fu risposto interiormente così ”Quello il quale ama me, ama ancora tutto quello che amo io.”
(dalla Vita).

È la pienezza dell’amore…..