
Il nostro cammino di secolarità consacrata
Sia la Provida Mater sia il Codice Canonico oggi in vigore, nel parlare dei consacrati negli Istituti Secolari riportano l’espressione “..vivendo nel mondo..” come caratteristica essenziale della secolarità.
Mons. Palletti, citando il libro dei Numeri (11,25-29) in cui si narra che Dio, sceso nella nube a parlare a Mosè, infuse lo spirito della profezia su settanta anziani; e che fra questi, due, che pure erano iscritti per andare alla Tenda dell’adorazione, non uscirono dall’accampamento e “si misero a profetizzare dentro l’accampamento, ci disse: Ma questo non vuol dire limitare il nostro sguardo alle piccole cose. Invece, siamo chiamate a vivere in pieno la dimensione sociale di questa nostra presenza nel mondo e a portare il nostro contributo sempre, anche se modestissimo, alla costruzione di strutture a “forma di uomo” in ogni ambito in cui noi operiamo. Questa impostazione si è venuta chiarendo via via nel tempo. Ultimamente lo ha sottolineato con forza papa Francesco. Dobbiamo farci carico con gli altri uomini dell’elaborazione di un progetto di società per il futuro (Evangelii Gaudium). E’ anche nostro il compito di interpretare i “segni del nostro tempo” in un costante sforzo di confronto con tutti i nostri contemporanei da una parte e con la Parola, dall’altra.

Nella storia degli istituti secolari si riscontrano notevoli differenze sul modo di intendere la secolarità consacrata e il suo rapporto con la chiesa e col mondo.

Questo, naturalmente, solo come orientamento generale; non si considera affatto in contraddizione con esso l’impegno di molte sorelle, anche intenso, in parrocchia e nelle attività di collaborazione che essa richiede; oggi, alcune sono anche ministri dell’eucarestia, ed è bellissimo.
Si è sempre desiderato mantenere una mentalità e uno stile propriamente “laico”.
Il modo di intendere la secolarità è collegato, infatti, anche alla piena assunzione dello status vissuto: per noi, quello di “laiche”.
Questo altro elemento del nostro essere nel mondo, è stato oggetto di molte discussioni in passato. La definizione della Provida Mater evidenzia chiaramente che vi sono anche istituti secolari formati da sacerdoti. E’ ovvio che non ci attiene.
Ma la nostra appartenenza ai laici e non alla famiglia dei “religiosi” non è sempre stata data per scontata; l’ affermazione, che risale al Vaticano II, è stata resa necessaria da una certa confusione vissuta su questo punto soprattutto nei primi decenni di vita degli I.S., e anche del nostro. Per decenni siamo state considerate delle “religiose”, e anche il modo di vivere i consigli evangelici, la preghiera, l’impostazione spirituale risentiva fortemente di questo.
All’interno del nostro istituto vi è stata una certa conflittualità e tutto un cammino su questo punto; ed è stato molto bello vedere come anche chi era partito considerando la nostra come una appartenenza alla categoria dei religiosi, ha saputo poi evolvere la propria posizione, a cominciare dallo stesso Padre Damaso.
Su questo punto noi siamo state agevolate dall’esempio di S. Caterina da Genova, che, laica fra laici, rimanendo nella sua casa, nella sua città, nel suo ceto sociale, ma divenuta trasparenza di Amore, seppe essere fermento di cambiamento in quel suo mondo, non certo migliore del nostro.
Il cuore di tutto sta nel suo costante puntare all’essenza del nostro vivere, che è l’Amore.
La stessa Caterina non riusciva, subito, a conciliare Amore di Dio e Amore del prossimo, se diceva al suo Signore:
“Tu mi comandi che io ami il prossimo, ed io non posso amare se non Te, né ammettere altra mistura teco: come farò dunque?”A ciò le fu risposto interiormente così ”Quello il quale ama me, ama ancora tutto quello che amo io.”
(dalla Vita).
È la pienezza dell’amore…..