
È la primavera del 1956, siamo a Genova
Alcune giovani donne, attente ai problemi sociali e animate da una forte esigenza di spiritualità, incontrano a Genova Padre Damaso, cappellano presso l’Ospedale Gaslini, cappuccino dotato di sensibilità umana e cristiana e di intuizioni profetiche, e gli manifestano il desiderio di una forma di vita che unisca fede e impegno sociale.
In questi colloqui nasce l’idea di costituire un Istituto Secolare, realtà allora giovane nella Chiesa, per dare orientamento, continuità e spessore spirituale all’impegno sociale che si intendeva realizzare a favore di varie categorie di emarginati. Si trattava di una forma innovativa di consacrazione: negli Istituti Secolari, infatti, l’accoglienza della chiamata del Signore si esprime in una vita di donazione a Lui e ai fratelli, attraverso i consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza, vissuti mantenendo l’impronta della propria laicità.
Padre Damaso accoglie, incoraggia e orienta il progetto, che ben presto viene presentato al Cardinale di Genova Giuseppe Siri per riceverne l’approvazione.
L’Istituto Santa Caterina da Genova ha quindi dalle origini una sua specificità: l’azione dello Spirito non si rivela nel pensiero di un’unica persona illuminata, ma nell’incontro fecondo e provvidenziale di un piccolo gruppo di laiche con chi, nella Chiesa, ha saputo accogliere e valorizzare un’intuizione densa di novità.
Il 20 maggio 1956 nasce la Pia Unione Santa Caterina da Genova (primo passo verso il riconoscimento ufficiale di “Istituto Secolare”), con lo scopo specifico di “curare la vita religiosa, morale e soprannaturale negli ambienti di assistenza sociale e sanitaria”.
La realtà sociale del tempo interpella ed esige risposte coraggiose: “La carità a noi insegnata dal Nostro Signore e Salvatore è di tale grandezza e ricchezza che può e deve assumere aspetti speciali secondo le esigenze del tempo e i bisogni dei fratelli” (dal Decreto di Erezione).
Un settore, in particolare, richiede attenzione, solidarietà e intervento fattivo nella Genova del tempo: le donne vittime dello sfruttamento della prostituzione (erano gli anni della riforma sfociata nella legge Merlin).
Il 20 maggio 1956 nasce la Pia Unione Santa Caterina da Genova (primo passo verso il riconoscimento ufficiale di “Istituto Secolare”), con lo scopo specifico di “curare la vita religiosa, morale e soprannaturale negli ambienti di assistenza sociale e sanitaria”.

La realtà sociale del tempo interpella ed esige risposte coraggiose: “La carità a noi insegnata dal Nostro Signore e Salvatore è di tale grandezza e ricchezza che può e deve assumere aspetti speciali secondo le esigenze del tempo e i bisogni dei fratelli” (dal Decreto di Erezione).
Un settore, in particolare, richiede attenzione, solidarietà e intervento fattivo nella Genova del tempo: le donne vittime dello sfruttamento della prostituzione (erano gli anni della riforma sfociata nella legge Merlin).

La sede di Via Chiodo
Occorre una sede, per le attività formative e per l’accoglienza di giovani donne in situazioni di disagio.
La prima casa, ampia e accogliente, è in via Chiodo 45, sulle alture di Genova. Il piano terra è destinato ad accogliere le donne in difficoltà, mentre il primo piano ospiterà alcune studentesse, titolari di borse di studio, iscritte ai corsi per assistenti sociali e sanitarie. Si avverte infatti l’urgenza di formare le professionalità adatte ai bisogni del tempo, secondo lo spirito delle Costituzioni dell’Istituto, nelle quali si sottolinea l’esigenza di promuovere nei propri ambienti di vita “servizio” e “formazione”, considerati entrambi essenziali per vivere in pienezza il proprio impegno.
l 3 ottobre 1956 si apre la casa con 4 sorelle. Il 13 ottobre entrano le prime 7 allieve assistenti sociali.
Il 29 aprile 1957, completati i lavori di ristrutturazione della casa, comprensivi anche di una cappella, entrano le prime ospiti, seguite con amore da alcune sorelle: sono gli ultimi tra gli ultimi, quelle donne che nessuna altra organizzazione accoglieva; passate attraverso l’esperienza della prostituzione, chiuse le “case”, si sarebbero ritrovate senza nessuno, senza alloggio, senza lavoro.
Nel primo anno di attività sono ospitate 35 donne con 13 bambini.
Si forma un primo gruppo di collaboratori, che si riveleranno preziosissimi.
Nel 1959 l’Istituto trasferisce la sua sede nella Casa del Carmine, in Sal. San Bartolomeo, nel centro storico della città.
Vi abitano in quegli anni alcune sorelle impegnate nelle attività dell’Istituto. Tra di loro, alcune allieve che, completato il corso di assistente sociale o sanitaria, avevano chiesto di entrare nell’Istituto.
La Casa del Carmine è per le sorelle un luogo di incontro, di preghiera, di formazione. A tutti, in particolare amici e collaboratori, offre occasioni di preghiera, con la Messa del venerdì mattina, e di formazione (es. corsi di teologia aperti a tutti).
L’attività di accoglienza e di assistenza a favore di donne in difficoltà prosegue nella Casa di via Chiodo, poi per un breve periodo in un alloggio presso il Righi.
Emerge l’urgenza di un secondo servizio rivolto agli immigrati che in gran numero si trasferivano al Nord dal Sud Italia, con tutto il loro carico di disagio sociale, e che si concentravano soprattutto in alcune aree della città, le cosiddette “macerie” (case diroccate a causa dei bombardamenti della 2^ guerra mondiale) o zone dei baraccati. Nasce così nel settembre 1958 il CAI, Centro Assistenza Immigrati, per offrire un primo sostegno a chi si trovava in condizioni tanto difficili. Nella zona della Chiappella alcune assistenti sociali in formazione, un forte gruppo di collaboratori, un medico ed un ambulatorio attrezzato forniscono i primi servizi, coordinati da una sorella dell’Istituto.
Nel 1961 il C.A.I. porta a termine gradualmente le sue attività. Gli immigrati, che via via si trasferiscono nelle case popolari loro assegnate, sono aiutati a inserirsi nel tessuto sociale cittadino e nelle parrocchie. Questo affiancamento durerà ancora alcuni anni.
Nel 1960 inizia le sue pubblicazioni “Itinerarium”, che accompagnerà per tutti gli anni a seguire l’attività dell’Istituto, facendone conoscere la spiritualità e le iniziative a numerosi collaboratori e amici.
Nello stesso anno si costituisce una Commissione studi per l’aggiornamento sulla realtà sociale.
Si delinea in quel periodo lo stile costante della presenza dell’Istituto nel sociale, che si affinerà sempre più nel tempo: adeguamento dinamico alle esigenze dei tempi (es. l’emergenza sociale collegata alla Legge Merlin); collegamento e collaborazione con le realtà laiche e politiche; sollecitazione perché ogni istituzione faccia la sua parte; lavoro in “rete”.
Dalle nostre storie…
La storia del nostro Istituto scaturisce dall’insieme delle storie di ognuna: pur mantenendo la loro unicità, confluiscono in una sintesi armonica con una sua precisa fisionomia. l’insieme è più della somma…

Storia di una chiamata
Quando comincia una vocazione? Certamente nel progetto d’amore con cui Dio ha pensato da sempre a ogni persona…

Un incontro provvidenziale
La mia vocazione non è stata una folgorazione, è avvenuta per gradi…

Un incontro provvidenziale
La mia vocazione non è stata una folgorazione, è avvenuta per gradi…

Il momento della scelta
Tutto ebbe inizio una mattina di tanti tanti anni fa, nel 1956. Frequentavo l’ultimo anno dell’istituto Tecnico per ragionieri, era l’ora di religione…

Con l’aiuto di Maria
Fin dall’età adolescenziale sono stata attratta dalla Passione di Gesù…

Con l’aiuto di Maria
Fin dall’età adolescenziale sono stata attratta dalla Passione di Gesù…
LE ORIGINI
Riprendiamo la storia del nostro Istituto: si aprono altre strade (anche oltre oceano…)
Sono anni ricchi di iniziative, anche al di fuori del territorio genovese.
Nel 1961, nei pressi di Milano, a Baranzate di Bollate, su iniziativa di una sorella milanese viene aperta l’Opera San Michele, una scuola materna per i bambini degli immigrati dal sud d’Italia, alla quale fanno capo altre attività: una scuola popolare; una segreteria sociale; un oratorio; varie attività parrocchiali.
Negli anni immediatamente successivi si avviano alcune iniziative in Svizzera: a Lugano, una casa per accogliere le lavoratrici straniere in attesa di un bambino; a Basilea, la direzione di strutture al servizio di immigrati italiani.
Il 1963 rappresenta una svolta significativa, che lascerà un segno profondo nella storia dell’Istituto. Su invito di Padre Ernesto, un cappuccino ligure che da poco aveva iniziato un’opera di evangelizzazione a Ngaoundaye, nella Repubblica Centrafricana, due prime sorelle, Adriana e Annina, partono, armate di fede e di entusiasmo, per avviare una serie di iniziative di promozione umana. È l’inizio della Missione “Santa Caterina da Genova”. Negli anni successivi, per più di cinquant’anni molte altre persone, tra sorelle dell’Istituto, simpatizzanti o collaboratori, hanno donato anni della loro vita (in alcuni casi decenni) a questa attività. Nel 1971 si sconfinerà anche nel Ciad, con l’apertura della Missione di Bam.
Nel 1965, su proposta di Padre Damaso, si oltrepassa l’oceano con obiettivo Stati Uniti. A Erie (Pennsylvania), due sorelle e una collaboratrice svolgono il loro servizio presso una vasta parrocchia dove risiedono molti immigrati di origine italiana. Molteplici le attività svolte: censimento parrocchiale; definizione dell’intervento sociale e pastorale; assistenza agli anziani; trasporto dei bambini del catechismo; asilo; collaborazione con realtà laiche locali; partecipazione a un progetto per le famiglie più povere…
Entro qualche anno l’Istituto lascia le attività in Svizzera, negli Stati Uniti e a Baranzate. In alcuni casi ciò dipende dalla difficoltà oggettiva di far fronte a tutte queste attività. In altri casi, secondo l’orientamento già collaudato con gli interventi a favore dei baraccati di Genova, si porta a termine il proprio impegno quando una determinata emergenza è superata o quando altre forze, in loco, sono pronte a subentrare. L’Opera San Michele di Baranzate, per fare un esempio, continua a esistere ancora oggi ed è gestita dalla Parrocchia locale.
Negli anni ‘70 gli interventi sociali dell’Istituto si concentrano in due ambiti, che si definiscono e si organizzano secondo le esigenze dei tempi: la Missione in Centrafrica; le donne in situazione di grave disagio a Genova.
Il passaggio a Istituto Secolare (20 maggio 1983)
Per i primi vent’anni il giovane Istituto (ancora denominato Pia Unione) sperimenta un dinamismo che non è solo caratterizzato dalle attività sociali ma anche dalla ricerca di una sintesi armonica tra consacrazione e secolarità. È il periodo vivo e fecondo del Concilio e del post-Concilio, di cui si accolgono con entusiasmo e impegno di riflessione le proposte e i nuovi orientamenti: la valorizzazione della presenza nel sociale; l’invito a lavorare non solo in ambito individuale ma anche sulle strutture sociali e politiche, perché siano a misura della persona e al suo servizio; il riconoscimento del “mondo” come luogo in cui si realizza appieno la consacrazione secolare …
Negli anni si precisa sempre meglio il valore e lo stile della secolarità nel vivere la propria quotidianità e in particolare i rapporti umani.
L’Istituto è “cresciuto” e sente l’esigenza di un riconoscimento da parte della Chiesa del cammino di maturazione percorso. Dopo alcuni anni di non facile iter (la burocrazia è presente anche nella Chiesa…) si arriva all’atteso passaggio.
Il 20 maggio 1983, a 27 anni dal suo inizio, la Pia Unione diventa Istituto Secolare. Nelle nuove Costituzioni si precisa come finalità “migliorare e rendere più spirituali i rapporti sociali tra gli uomini”. “I membri dell’Istituto si impegnano a promuovere ‘formazione’ e ‘servizio’ per rendere autenticamente cristiani quei rapporti”.
È un momento di grande coinvolgimento di tutte, che si esprime in particolare con la prima formulazione del testo del Regolamento di vita, frutto di un lavoro condiviso durato parecchi mesi, che intende esplicitare nella concretezza quotidiana i principi fondanti delle Costituzioni.
La forte dimensione sociale che ha caratterizzato l’Istituto sin dalle sue origini, si è espressa e continua a esprimersi nell’impegno di ognuna nel suo ambiente di vita e di attività.
Famiglia, vicinato, parrocchia, scuola, ospedale, consultorio, servizio di salute mentale, banca, ufficio postale, tabaccheria, uffici comunali, sindacato, organizzazioni politiche … sono alcuni degli ambiti dove ognuna, in grandi città o in piccoli paesi, vive e alimenta rapporti di amicizia e di solidarietà.
Negli anni, con il calare delle forze e l’aggravarsi di alcuni problemi di salute, l’ambito della propria testimonianza diventa per alcune la propria camera o il proprio letto, in famiglia o in un pensionato. La consacrazione secolare si esprime anche così, nel vivere ogni fase dell’esistenza senza privilegi, condividendo fatiche, gioie, speranze, paure, precarietà proprie di tutti. Anche il momento della morte diventa in questa prospettiva testimonianza di fede e di coerente adesione alla propria chiamata.
La vocazione continua, in ogni situazione …

Lontane ma vicine…
Alcune sorelle sono geograficamente disseminate in varie zone d’Italia, e questo rende necessario supplire alla lontananza con altri mezzi: l’affetto, la preghiera, la consapevolezza della comune vocazione sono elementi fondanti, sostenuti e alimentati dai contatti interpersonali (telefonate, mail, visite individuali) e particolarmente dalla lettera mensile che costituisce strumento importante sia per il percorso di formazione comune, sia per la condivisione delle esperienze.
Tutti questi strumenti, e soprattutto i momenti di incontro, sono occasioni preziose per alimentare la fraternità.
La nostra attuale sede di via Cairoli, per le sorelle genovesi e per chi ha possibilità di viaggiare, è la casa sempre aperta. Spesso è luogo di incontro per il coordinamento locale degli altri Istituti Secolari.
E’ anche la sede delle attività sociali promosse dall’Istituto: spazio per gli uffici, per i colloqui con le persone seguite, per le riunioni di “rete” con le organizzazioni similari presenti in Genova.
Ma per ognuna il suo ambiente di vita continua a essere, qualunque sia la sua età, condizione e salute, il luogo in cui vivere la fedeltà al carisma dell’Istituto: “rendere più spirituali i rapporti fra gli uomini”.